Data di Pubblicazione:
2008
Citazione:
(2008). L’accertamento incidentale ex lege: profili [book - libro]. Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/21894
Abstract:
Il volume si pone l’obiettivo di analizzare l’istituto dell’accertamento incidentale ex lege.
Punto di partenza imprescindibile è l’analisi dell’art. 34 c.p.c., disposizione che si mostra insufficiente sotto svariati profili, primo fra tutti quello della sua collocazione in seno alle norme dedicate alle modificazioni della competenza per ragioni di connessione: ciò, infatti, ha indotto taluni studiosi a limitare fortemente l’efficacia sistematica dell’art. 34 c.p.c., sino a negare che lo stesso assolva la funzione di fissare le regole generali per l’estensione oggettiva del giudicato. In tale prospettiva, pertanto, la disposizione in oggetto avrebbe solo il limitato fine di risolvere il problema che si pone allorché il rapporto pregiudiziale esuli dalla competenza del giudice adito. Tale visione è certamente semplificante, ma riduttiva, né chiarisce la reale essenza dell’accertamento incidentale e della sua incidenza circa l’estensione oggettiva del giudicato, né, soprattutto, è in grado di spiegare il fenomeno dell’accertamento incidentale ex lege.
Il solo punto fermo circa le reali tematiche interessate dall’art. 34 c.p.c. che è dato rinvenire consiste nello scarno riferimento – contenuto, rispettivamente, nella lettera della norma citata e della sua rubrica – alle nozioni di questione pregiudiziale e di accertamento incidentale: figure di cui, peraltro, non è fornita alcuna definizione legislativa.
La monografia muove da una prospettiva dogmatico-sistematica, che prende avvio dalle origini dell’art. 34 c.p.c.: disposizione che, secondo un’interpretazione largamente condivisa, cristallizza la teoria di Chiovenda alla cui stregua le questioni che assumono carattere di antecedente logico rispetto alla decisione sulla domanda principale sono, di regola, affrontate e decise dal giudice con effetto solo meramente endoprocessuale, a meno che un’apposita domanda di parte o la legge impongano di decidere con efficacia di giudicato anche la pregiudiziale.
In punto, l’elaborato giunge alla conclusione che l’analisi dell’etimo pregiudizialità non ha, di per sé, alcuna portata dirimente, in quanto nel corso del tempo – a partire dal diritto romano e sino ai giorni nostri – esso ha assunto una molteplice varietà semantica, all’interno della quale l’unico nucleo costante è costituto dall’idea di prevenzione, concetto con cui si indica la capacità della decisione di una questione di condizionare la risoluzione di un’ulteriore controversia.
In sintesi, secondo l’impostazione prevalente, le questioni di cui all’art. 34 c.p.c. presentano la caratteristica di essere contestualmente dotate di autonomia, ossia di essere potenzialmente idonee a fondare un autonomo giudizio, e d’integrare la fattispecie costitutiva del diritto controverso che si assume pregiudicato, di talché la loro previa decisione si impone come un antecedente logico rispetto alla pronuncia sul diritto controverso che si assume pregiudicato.
Per tale ragione, lo studio giunge alla conclusione che sono escluse dall’ambito di applicazione dell’art. 34 c.p.c. le questioni pregiudiziali di puro rito, nonché le questioni di merito che, seppure idonee a definire anticipatamente il giudizio, sono prive del carattere di autonomia sopra descritto (il riferimento è alle c.d. questioni preliminari di merito). Oggetto della disciplina di cui all’art. 34 c.p.c. sono, dunque, le sole c.d. questioni pregiudiziali di merito.
La monografia enuncia come il primo ed originario nucleo della disciplina della pregiudizialità e, segnatamente, degli incidenti relativi alla risoluzione delle questioni pregiudiziali, con il problema dell’efficacia da attribuire alla loro decisione, sia rinvenibile già nel diritto r
Tipologia CRIS:
1.3.01 Monografie o trattati scientifici - Books
Elenco autori:
Locatelli, Francesca
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